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lunedì 30 settembre 2013

Un ingrediente per due: il fico


La gente narra che io non mi ricordi mai una mazza e che quel poco che ricordo sia sempre legato al cibo.
Del tipo che non saprò mai dirvi dov'era quella piazzetta meravigliosa con quella chiesetta fantastica a picco sul mare ma saprò darvi le coordinate esatte di quel ristorantino in Alsazia dove mi ammazzai di raclette tirandone giù a cazzuolate come se non ci fosse un domani.
Ma queste sono solamente calunnie.
Perché infatti io in realtà non saprei dirvi nemmeno questo.
Alcune delle cose che invece mi son rimaste in mente forse a volte tendo ad ingigantirle col tempo.
Tipo che io sono assolutamente convinta che ogni lungo viaggio in auto affrontato in infanzia con la mia famiglia sia sempre stato corredato da una serie di soste in autogrill per l'acquisto di Grisbì e Figolù e che questo quindi giustifichi, per motivi puramente scaramantici, una perpetuazione della tradizione.
In realtà, a quanto pare, la cosa sembra sia successa al massimo solo un paio di volte e pertanto la gente insinua io ad oggi voglia semplicemente far la furbona.
Ulteriori calunnie.

Ma in memoria (mia) dei vecchi tempi e in onore a quel genio del male che ha chiamato dei biscotti al fico Figolù, questo mese i biscotti al fico me li sono fatta da me. A modo mio. E li chiamerò Figolà.
E dato che guarda caso siamo pure in settembre e casualmente l'ingrediente del mese è pure il fico, ecco qui la relativa scheda redatta da Comandante Amigo:

"Bè, a me sembrava ovvio, ma ci sono stati alcuni tentennamenti sulla decisione di chi avrebbe dovuto fare la scheda del Fico…
Il Fico nasce sul finire degli anni settanta in una giornata invernale in una città di mare e andrà a sostituire l’immagine dell’uomo frichettone figlio dei fiori che tanto piaceva dopo woodstock e quella del paninaro in voga a metà anni ‘80. Inizialmente biondo e con gli occhi azzurri, il Fico poteva confondersi facilmente negli anni ’80 con altri frutti immaturi poco appetibili del nord europa, ma, col passare degli anni, la maturazione del Fico ha portato ad avere a partire dalla metà degli anni ‘90 un soggetto molto appetibile col capello lungo (meno biondo) e l’occhio azzurro (sempre). Poi, sul finire degli stessi anni ‘90 il Fico ha modificato il suo aspetto esteriore, che poi è anche quello corrente che potete ancora (J) verificare di persona tutt’oggi: un Fico a piena maturità, glabro e con l’occhio azzurro (sempre)!
Ma forse voi volevate sapere qualcosa in più riguardo un’altra varietà di fico vero?
Bene, cercate della Raffaella? Potete chiedere a Cristiano Ronaldo o Mario Balotelli.
Invece cercate di Roberto? Potete allora chiedere a Beppe Grillo;
Invece vi interessa il Ficus Carica? Quella pianta di difficile distinzione botanica fra la pianta maschio fico e la pianta femmina nonsipuòdire? Quella pianta, il maschio, che produce frutti non commestibili e la femmina che produce:
·         i fioroni, che si formano da gemme dell'autunno precedente e maturano alla fine della primavera o all'inizio dell'estate;
·         i fichi, o forniti, o pedagnuoli che si formano da gemme in primavera e maturano alla fine dell'estate dello stesso anno;
·         i cimaruoli derivanti da gemme sommitali prodotte nell'estate la cui maturazione avviene nel tardo autunno laddove l'estate è molto lunga ed il clima particolarmente caldo e che comunque potrebbe spesso essere incompleta o insoddisfacente.
Bene, allora se è questa la varietà di fico che cercate, potete trovarvi da soli le notizie su wikipedia o su un qualsiasi manuale di botanica o di giardinaggio e lasciare il Fico a disposizione della sua amata foodblogger!

Aloa!"

Ecco poi qui la mia ricetta e qui invece quella della Serena.

Ingredienti per circa 20/25 biscotti ai fichi e rosmarino:


230 g di farina 00
20 g di farina di castagne
150 g di burro morbido
100 g di zucchero
40 g di tuorli
qualche ago di rosmarino
un pizzico di sale
300 g circa di fichi
un cucchiaio di zucchero di canna
un cucchiaio di miele

Per preparate questi biscotti fate una solita noiosa pasta frolla come vi ha insegnato la cognata.
Mischiate il burro molliccio con i tuorli e lo zucchero fino ad ottenere un pastone omogeneo. Aggiungete il rosmarino frullato finemente con lo zucchero, che se prima non ve lo avevo detto di farlo ve lo dico adesso, le farine e un pizzico abbondante di sale.
Lavorate velocemente il tutto fino ad ottenere una palla, schiacciatela un po' in modo si raffreddi prima ed avvolgetela nella pellicola. Fatela riposare in frigo per almeno mezz'ora.
In una padella antiaderente fate andare a fuoco alto i fichi tagliati a metà con lo zucchero di canna e il miele fino a quando saranno spappolati, asciutti e un po' caramellati.
Fateli raffreddare e nel mentre riprendete la frolla. Stendetela a rettangolo all'altezza di un paio di millimetri e tagliate delle strisce larghe circa tre centimetri e lunghe quanto volete.
Distribuite per il lungo di una striscia la composta di fichi e coprite con una seconda. Sigillate bene e cuocete in forno caldo ventilato a 180° per circa 10/15 minuti fino a quando inizieranno a dorarsi i bordi.
Sfornate, fate intiepidire e tagliate a fette.

mercoledì 31 luglio 2013

Un ingrediente per due: la zucchina


Io con le zucchine ho un po' un rapporto di amore-odio.
Tendenzialmente mi piacciono, ma quando capita che son troppo profumate, di quel profumo che mi ricorda i fiori del cimitero ecco, lì faccio fatica a mangiarle, che mi pare di stare in una camera ardente e non è mica tanto bello.
E non ho ancora capito se dipende dalla freschezza, dalla cottura o dalla varietà ma, nel dubbio, quando mi pare odorino troppo, le mischio ad altro.
E poi c'avevo in mente da un po' sta cosa della catalogazione mentale di frutta e verdura, che a me sta differenza non mi è mica molto chiara.
Tipo: il pomodoro è un frutto ma è considerata una verdura perché non è dolce. La patata dolce però è comunque considerata una verdura. Il melone si mangia col prosciutto, così come i fichi. Con le carote ci si fa una torta e le melanzane si fanno col cioccolato. E l'ananas si mangia coi gamberetti.
E allora scusa, perché non usare le zucchine per una torta dolce??!

E così mi è sembrato di aver avuto un'idea innovativa e geniale. 
Finché poi non ho aperto Google e ne ho trovate milioni uguali alla mia.
Ma io, ovviamente, ho provato lo stesso.
Un paio di volte. 
Al primo tentativo ho fatto una specie di quattro quarti a caso.
Tipo: per teglia da 20 cm ho usato 200 gr di farina, 2 uova, 200 gr di zucchine, 100 gr di zucchero e 100 gr d'olio di semi e ovviamente un paio di cucchiaini di lievito. E l'ho cotta a 180° statico per circa 40 min.
Buona e soffice. Ma le zucchine non si sentivano per niente.
Anche se forse in realtà era colpa della farina di avena mischiata con quella di castagne. 
E con quella di segale. E con l'integrale. E con quella di riso. E anche con un po' di quella di quinoa. 
O forse era colpa dello zucchero di canna scuro.
Anche se forse invece eran proprio le zucchine a non sapere di un cazzo.

E così ho riprovato.
Con la ricetta che riporto sotto.
Con meno farina, meno uova, meno grassi e meno zucchero.
E anche se di solito a far le cose light vien fuori una merda, è invece venuta fuori una cosa un po' strana ma buona. Un po' umida, gommosetta, ma piacevole.
Che vagamente ricorda la torta magica, quella che va di moda ora nel web, che viene tipo tre strati con uno più cotto, uno che sembra un budino denso e uno che sembra un pandispagna. 
Che peraltro è identica alle torte che venivano di merda a mia mamma quando non le lievitavano a dovere o non le si cuocevano bene e smontavano appena tirate fuori dal forno rimanendo gnucche. 
E lei mica lo faceva volutamente. 
Pensate che invece ora c'è gente che le fa sbagliate apposta.

"La zucchina è quell'affare più o meno verde, più o meno lungo, più o meno tondo e più o meno costoluto, che appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae, ovvero la stessa dei cetrioli, delle zucche, dei meloni e delle angurie.

Orginaria del Sud America, la sua pianta non ha fusto legnoso ma foglie verdi un po' pelose e molto grandi.
La parte che si mangia è la bacca, che viene raccolta e consumata quando ancora acerba. E che altrimenti, se lasciata sulla pianta troppo tempo, diventa grossa, giallastra, piena di semi e fa schifo.
I suoi fiori invece, che ovviamente si mangiano pure quelli, sono o maschili, più grandi e con solo un peduncolo lungo, o femminili, più piccini e con una zucchina attaccata.
Come noi insomma.

Il periodo giusto per consumare le zucchine, manco a dirlo, è la tarda primavera-estate.
Anche perchè sennò avremmo fatto un altra scheda.
Ovviamente si possono comprare tutto l'anno, ma negli altri mesi lasciatele pure sui banchi che tanto son coltivate in serra e non sanno di niente.

Quando però le acquistate prediligete quelle più piccole e sode, che saranno le più saporite e fresche.
Conservatele in frigorifero e cercate di consumarle in fretta, dato che già dopo 3/4 giorni inzieranno a diventare mollicce, amare e spugnose.

E perchè abbiamo scelto questo ortaggio?
Perchè è di stagione, è delicato, è versatile, costa poco, si trova ovunque, si può mangiare cotto ma pure crudo, si può far lesso, saltato, fritto, al forno, in umido, al vapore, ha poche calorie, molte vitamine e tanta acqua.
Ma soprattutto, perchè in sto periodo ne abbiamo un casino nell'orto."

Ecco qui la mia ricetta e qui invece quella della Serena.

Ingredienti per una torta da 20 cm di diametro:

300 gr di zucchine
2 uova
120 gr di zucchero
200 gr di farina 0
mezza bustina di lievito 
50 gr di olio di semi (io ho usato quello di mais)

Prendete le zucchine. Vanno bene quelle meno buone, quelle acquose, quelle coi semi, quelle che vi siete dimenticati sulla pianta, quelle tonde che non avete voglia di riempire, quelle più vecchiotte.
Ecco, prendetele e tagliatele a tocchi grossi e mettetele nel blender con il resto degli ingredienti (Dio, ma perché usavo l'impastatrice e non il frullatore per gli impasti morbidi??? A far le torte ci si mette 4 secondi!!). Imburrate e inzuccherate abbondantemente la teglia lasciando lo zucchero in avanzo sul fondo, che poi caramellerà un po' in cottura ed è più buono.
Versateci la sbobba e cuocete a 150° statico per circa 50 minuti, fino a che la superficie non sarà dorata.
Fate raffreddare e poi assaggiate.


giovedì 28 febbraio 2013

Un ingrediente per due: la farina di castagne



Ed eccoci già arrivati al secondo appuntamento con la rubrica del mese "un ingrediente per due".
Stavolta qui si parla di...rullo di tamburi! Farina di castagne.
E se state pensando si tratti di un argomento autunnale vi sbagliate perchè, come troverete spiegato nella dettagliatissima scheda che anche stavolta ha fatto la mia dolce metà (?!) (anzi, a tal proposito specifico che io non è che sono qui a mettere le scarpe ai millepiedi nè sono un fungo parassita, è solo che casualmente siamo partite con due prodotti della sua zona che mi ha portato lei e quindi non è che potessi scrivere io a sproposito (tra l'altro, ma quanto son stata furba a fare una rubrica del genere con una che abita tra la Liguria e il Piemonte, terra ricca di ogni ben di Dio? D'altronde mica l'ho scelta a caso. Porella lei che invece è cascata un po' male dato che io abito in una zona ricca più che altro di cemento e smog...))]]] 
Dicevamo, le castagne fresche sono sì autunnali, ma le secche, ora che vengono raccolte, essiccate, sbucciate, tritate, confezionate e spedite si finisce e a febbraio.
E quindi insomma, più in stagione di così non si poteva essere.

E comunque, la farina delle castagne di Calizzano che mi ha portato Serena è favolosa. Ha una grana diversa dalle solite farine che si trovano in commercio. E' più, come dire, rustica e saporita, con quel che di croccantino che si sente sotto i denti. Una vera meraviglia.
E poi insieme a quel pacco, come se non bastasse, mi ha portato anche una confezione del prodotto lavorato, ovvero dei biscotti .
Spariti in tempo zero. 
Anche se poi in realtà, più del sapore, la cosa che mi ha colpito sono stati gli ingredienti.
Solo farina, burro, uova e zucchero.
Praticamente mai vista una lista tanto corta su un prodotto confezionato. 
Ma allora cazzarola, se le cose semplici e naturali si possono fare, perchè è sempre così complicato trovarle? Perchè ogni volta che vado a far la spesa devo spendere più tempo a legger le etichette che manco a passare in cassa di sabato pomeriggio con 3 carrelli? Ma è possibile che tutti pensano solo al profitto e basta?
Ma poi, più che altro, per collegarmi anche a quello che scrive Serena, ma è possibile che alla fine gira e rigira salta fuori che pure all'Ikea mi hanno dato le polpette che nitriscono?? Ma è veramente possibile che, proprio voi? Voi, che al self service mi fate anche il menù biologico per i bambini??
Eddai. Vi avrei perdonato se ci aveste messo un po' di segatura ma invece checazzo, proprio Varenne dovevate farmi mangiare?? 

Tornando a noi, a qui, dove almeno c'è la certezza di mangiare cose sane (o almeno così si spera), per quanto riguarda le ricette questo mese abbiamo proposto entrambe due frolle anche se, dai Sere, non volevo dirtelo, ma come si fa a pubblicare due crostate???!! Mannaggia ma cosa penseranno poi i lettori??? ;)
Per arrivare alla mia torta finale sono partita dai sapori classici che tradizionalmente vengono abbinati alle castagne, che tanto in cucina ormai non si inventa più niente.
Cose del tipo: castagnaccio con pinoli e rosmarino. 
Pinoli = torta della Nonna. Togli la Nonna e metti le mele. Ma la nonna di chi poi? La mia no di certo. Che lei altro che pinoli. Gli ultimi anni in cui ormai era vecchierella nelle torte ci finiva di tutto tranne che i pinoli. Ricordo ancora con affetto i fili di lana colorata dentro la ciambella. Anche se poi, diciamo la verità, tolti quelli il resto in fondo era buono. Ciao nonnina. 
E poi c'è la crema. In realtà volevo fare una versione della frangipane coi pinoli ma proprio non ce l'ho fatta a metter tutto quel burro. E così ho tolto il burro e ci ho messo la ricotta. Ed è venuta una favola.

Ecco ora la scheda della farina di castagne.

"Le castagne sono frutti che tutti conosciamo. Esse possono essere utilizzate e conservate in varie maniere e una di queste è l’essiccazione.
Coltivati a castagneto da frutto sono i terreni generalmente profondi, drenati, ricchi di sostanza organica e privi di calcare attivo, che conferiscono al frutto le particolari caratteristiche organolettiche.
Le cure apportate ai castagneti, le forme di allevamento, i sistemi di potatura periodica e pluriennale, tradizionalmente in uso nel territorio, sono atti a non modificare le caratteristiche peculiari dei frutti. La densità di piante in produzione per ettaro normalmente non supera le 150 piante mentre la produzione raggiunge, al massimo, i 30 quintali per ettaro.
La raccolta della castagna domestica, che nel territorio dell’Alta Val Bormida si limita essenzialmente alla varietà “Gabbiana”, viene effettuata solitamente a mano per salvaguardare l’integrità del prodotto ed avviene in autunno tra i mesi di settembre-novembre quando questi frutti sono caduti dagli alberi.

Il metodo tradizionale di preparazione delle castagne secche consta di due fasi: l’essiccazione e la sbucciatura (pelatura o sgusciatura).
L’essiccazione è pratica antica e compare con la diffusione della coltura del castagno e con il problema della conservazione delle castagne per un lungo periodo (non essendoci in passato metodi di conservazione prolungata come il congelamento in freezer si procedeva all’essiccazione che, facendo perdere acqua al prodotto, ne permetteva una conservazione nel tempo assai più lunga rispetto al prodotto fresco). L’essiccazione avviene a fuoco lento in apposite strutture rurali, ora anche in muratura ma in passato essenzialmente in pietra, i cosiddetti “tecci”.
L’essiccatoio è composto da due piani: in quello inferiore, che funziona da caldaia, viene acceso un fuoco, alimentato più volte al giorno con legna di castagno o prodotti forestali di scarto (ceppi, bucce di castagna dell’anno precedente – la cosiddetta “pula” che risulta essere un combustibile ottimale perché non produce fiamma - segatura). Al piano superiore si trova un unico graticcio, solitamente in legno ma anche in metallo come rete a maglia quadrata. I graticci in legno, costituiti da listelli di 3-4 cm di spessore e distanziati tra loro di circa 1 cm sono i più usati perché meno costosi.
Le castagne vengono disposte sul graticcio in uno strato dapprima di 10-15 cm che aumenta gradualmente, in funzione della raccolta, fino agli 80-100 cm al massimo.
Durante l’essiccazione, che può continuare anche per 20-25 giorni consecutivi, il fuoco rimane sempre acceso sorvegliando che la temperatura si mantenga costante tra i 25° C ed i 30° C circa e quando si termina la raccolta i frutti vengono rivoltati (la “girata”) in maniera che lo strato superiore contenente le castagne solo parzialmente essiccate o ancora verdi vada a sostituire lo strato contenente quelle già essiccate, oppure si ricopre l’intero strato con sacchi di juta che permettono comunque l’essiccazione dei frutti posti negli strati più alti e si continua il trattamento per altri 5-7 giorni.
Il peso del prodotto che si ottiene dopo 30-40 giorni di essiccazione è circa 1/3 di quello originario.

Terminata la fase dell’essiccazione, le castagne secche vengono sottoposte alla sbucciatura cioè all’eliminazione dell’epicarpo. In passato, questa operazione veniva effettuata utilizzando diverse
tecniche: le castagne secche, ad esempio, venivano “battute” all’interno di un sacco contro un ceppo o per terra oppure si “pestavano” con apposite calzature dalla suola munita di punte di legno o con cilindri di legno dotati di punte e di un manico. Negli ultimi anni, si procede alla sbucciatura meccanica.
Le castagne secche sgusciate si presentano di colore paglierino chiaro, con una percentuale di difetti tra il 10% ed il 20% (tracce di bacatura, deformazione, rotture, frutti con tracce di pericarpo, ecc.).
I frutti così essiccati, contenenti non oltre il 10% di umidità residua, presentano caratteristiche nutrizionali così suddivise: 80% circa di carboidrati, 3% circa di grassi e 5% circa di proteine.
Prima di essere conservati in sacchi di juta o altri contenitori, per la vendita all’ingrosso e/o al minuto o per la trasformazione in altri sottoprodotti particolari, come la farina, devono essere sottoposti ad un’attenta cernita per l’eliminazione dei frutti difettosi.

Attualmente i castagneti da frutto della nostra valle, ma anche quelli di altre aree italiane ed europee, affrontano una grande problematica: il cinipide del castagno.
Questo insetto, originario della Cina è proveniente dal Giappone ed è arrivato in Italia (e precisamente in Piemonte) una decina di anni fa con alcune varietà giapponesi di castagne ritenute resistenti ad
un'altra malattia, il cancro del castagno.
L’insetto, depone le uova nelle gemme che l’anno successivo dovrebbero svilupparsi e produrre fiori e quindi frutti. Dalle uova nascono delle larve che si alimentano a spese del germoglio stesso e la pianta, per difesa, produce una galla (una deformazione alla gemma e al rametto) dalla quale in estate sfarfallano gli adulti che subito vanno a deporre nuove uova (100-150 per singolo insetto) nelle gemme che si svilupperanno l’anno dopo.
Il danno provocato al castagno, oltre che estetico, è soprattutto a livello di produzione di frutti: si può avere una riduzione nella produzione anche superiore all’80%.
Allo stato attuale la lotta a questo temibile insetto viene fatta con un antagonista anch’esso proveniente dal Giappone (dove i due convivono in equilibrio) che parassita le uova del cinipide.
I risultati però sono ancora lontani dall’essere soddisfacenti anche perché l’antagonista, per poter deporre le proprie uova dalle quali si sviluppano le larve che si cibano delle uova del cinipide, deve poter contare sull’accoppiamento sessuale, mentre il cinipide può contare sul fatto che tutta la popolazione è composta da sole femmine capaci di riprodursi partogeneticamente senza l’utilizzo di un maschio. Questo fatto rende inoltre inutile anche qualsiasi forma di lotta effettuata tramite i feromoni sessuali.
Ci si può auspicare che prima o poi i castagni riescano ad adattarsi al cinipide e che possano tornare a produrre questi preziosi frutti che in tempi non così lontani hanno permesso ai nostri nonni e genitori di superare, in queste aree rurali, la fame dovuta alle guerre."

E ora qui di seguito la mia ricetta e qui invece quella di Serena:

Crostata di farina di castagne, mele e rosmarino

Ingredienti per uno stampo da 24 cm di diametro
200 gr di farina di castagne
100 gr di farina 0
100 gr di burro
100 gr di zucchero
1 uovo
un pizzico abbondante di sale
un cucchiaino di lievito
100 gr di pinoli
150 gr di ricotta
70 gr di zucchero
30 gr di fecola
1 uovo
una mela
un rametto di rosmarino

L'idea era di fare una frolla senza glutine 100% farina di castagne.
Ma poi l'impasto stava venendo una merda e così ho dovuto aggiungere la farina 0. 
Infatti mi sa proprio che con le sole castagne al massimo ci potete fare una polenta.
Per la frolla impastate il burro a pomata (ma non usatelo come crema idratante eh? che ci serve per la torta, anche se l'avete visto fare a Clio), con l'uovo e lo zucchero.
Aggiungete le farine, il sale e il lievito, che vi darà una frolla più morbidosa e sbriciolosa (?!).
Avvolgete la palla nella pellicola e fate riposare in frigo almeno per mezz'ora.
Preparate la crema frullando finemente i pinoli con lo zucchero e la fecola fino ad ottenere una pasta, poi aggiungeteci la ricotta e l'uovo.
Stendete la frolla, bucherellatela e cuocetela in bianco a 180° per 15 minuti. Tiratela fuori, fatela leggermente intiepidire, spalmateci la crema, cospargete col rosmarino tritato (non tanto eh? deve giusto dare una punta aromatica) e appoggiateci sopra la mela tagliata a fettine sottilisssssime (due maroni, per stare in tema, lo so, ma è una sola, non lamentatevi) e rinfilate in forno sempre a 180° per altri 10/15 minuti fino a quando il bordo inizierà a dorare e le mele ad appassire come l'insalata vecchia di una settimana.

giovedì 10 gennaio 2013

Macarons


Ingredienti per circa 20 macarons da 3-4 cm:

100 gr di albumi a temperatura ambiente preferibilmente separati dai tuorli e filtrati diverse ore prima di essere utilizzati (anche 3-4 gg prima o anche decongelati vanno bene)
125 gr di mandorle in polvere
225 gr di zucchero a velo
30 gr di zucchero semolato (io uso quello fine)
mezzo cucchiaino di succo di limone

Versione ufficiale.
Cari tutti, bentrovati.
Vi abbraccio forte e vi ringrazio sentitamente per gli auguri ricevuti e mi scuso per quelli non inviati e approfitto ora, anche se un po' in ritardo, per augurarvi un 2013 strepitoso pieno di gioia e soddisfazione.
Le mie feste sono state serene e rilassanti e questo periodo di riposo mi è stato utile per stare insieme ai miei cari, poter finalmente avere del tempo per me per far le cose che mi piacciono e ultimo ma non ultimo per recuperare un po' di energie che mi saranno utili per iniziare il nuovo anno con grinta.
Mi siete molto mancati e sono lietissima di esser finalmente tornata in questo mondo di ricette e fornelli e di amici più o meno virtuali.

Versione ufficiosa.
Macheduecoglioni sono ancora qui. 
E' passato quasi un mese dall'ultimo post, è passata la fine del mondo, sono passati la Vigilia, il Natale, il Capodanno, le vacanze, l'Epifaniachetuttelefestesiportavia e volete sapere cosa c'è di nuovo? UNABEATAMINCHIA! 
Ho fatto praticamente due settimane di ferie durante le quali per la metà sono rimasta chiusa in casa con l'influenza e per l'altra metà mi sono trascinata in giro come un bradipo morto.
E nel mentre, ovviamente, ho pure dovuto cucinare di corsa montagne di cose per i vari pranziceneregalidistocazzo (PS per i vari parenti amici e famigliari che mi stanno leggendo questa ovviamente è solo una battuta) senza peraltro riuscire a fotografare nulla.
E quindi quelli che avrebbero potuto essere dei potenziali post utili a salvarmi dall'apatia dei prossimi mesi sono stati invece stroncati sul nascere. 
E poi come al solito avrei voluto fare un milione di cose ma ne ho fatte un decimo. 
In compenso però ho dormito come uno scoiattolo canadese in letargo.
Peccato che poi però alla prima sveglia delle 6.40 del primo giorno di lavoro mi pareva di non esser mai stata a casa. 
Che poi, ma come cazzo è possibile che la stanchezza si accumula e il riposo no?
C'è qualcosa che non quadra.
E quindi insomma, con tutta questa gioia e brio in corpo secondo voi quanta voglia c'avevo di attaccarmi al pc per profondermi (?!) in festosi salamelecchi e scrivere dei post? 
Diciamo inversamente proporzionale a quella di collegarmi al gas. Tanto per dire.

Ah, me ne stavo per dimenticare: ovviamente grazie per i soliti fottutissimi messaggi di auguri mandati in serie. 
Ma soprattutto grazie, grazie veramente per avermi risparmiato quest'anno dalle catene degli Angeli dei Santi e minchiate varie. 

Ed ora eccomi ancora qua. 
Eh già.
Ma c'è una cosa di cui però vado fiera che son riuscita a fare con grande soddisfazione in questi giorni e che vorrei condividere con voi: i miei primi macarons. 
Vi assicuro che una volta che avrete provato a farli pure voi, sempre esista qualcuno al mondo oltre a me che non abbia ancora provato a farli, Ladurée con i suoi stramaledetti quasi 2 euro a macaron fluorescente non vi avrà più.

Per preparare i gusci frullate le mandorle con lo zucchero a velo e l'eventuale aroma secco e passate il tutto al setaccio.
Più volte. Finché non riuscirete a setacciare il tutto agilmente.
E si lo so che è uno smaronamento, ma solo così otterrete dei macarons perfettamente lisci.
Se invece vi piace la grana più spesso tipo amaretto fregatevene che fate pure prima.
Poi montate gli albumi con il succo di limone e quando saranno ben sodi aggiungete lo zucchero semolato e continuate a sbattere ancora per un paio di minuti.
Aggiungete poi la miscela di mandorle/zucchero e l'eventuale aroma/colorante liquido e mescolate il tutto lentamente dal basso verso l'alto con una spatola.
Io, dato che volevo provare aromi e colori diversi (e si, non fate battute, quelli in foto sono veramente diversi tra loro), ho fatto la meringa senza aggiungere niente, poi l'ho divisa in ciotole ed ho aggiunto gli aromi secchi o liquidi. E' li stess, dovete solo stare un po' attenti ai grumi.
Riempite ora una sac à poche nella quale avrete posizionato una bocchetta liscia e su una teglia coperta di carta da forno fate delle merdine larghe circa 3 cm che tanto un pochino si spatasceranno dopo.
Fate riposare i gusci già pronti un'oretta all'aria prima di cuocerli in modo si secchi leggermente la superficie.
Riscaldate il forno a 150° ventilato, appoggiate la teglia su una seconda teglia fredda in modo la base cuocia meno velocemente e formi un colletto migliore (così c'era scritto sul libro Macarons di Natasha Arnoult, ma io onestamente ho provato con e senza teglia e mi pare non cambi un mazza. Ma voi non diteglielo e fate come preferite).
Cuocete per 12 minuti (un po' di più se fate dei macarons giganti).
(Se non avete mai provato a farli, dato che i forni non sono tutti uguali, magari fatevi furbi e cuocete prima una mini teglia di prova con solo un paio gusci. Se il guscio colora troppo teneteli un minuto in meno, se invece si stacca solo la parte superiore e il resto rimane appiccicato alla teglia teneteli un minuto in più.
Per fare questo test provate delicatamente ad alzarne uno da un lato staccando la carta da forno come se fosse uno sticker. E' un po' difficile farlo per il fatto che sono ancora caldi ma suvvia, tanto si tratta di un guscio kamikaze) . 
Sfornateli e fate raffreddare almeno 1 ora prima di staccarli.
Farciteli come più vi pare e piace e fateli riposare in frigo ben sigillati nella pellicola o chiusi in una scatola per 24 ore prima di gustarli.
Potete anche surgelarli, rimangono un filo più appicicaticci in superficie ma il gusto non ne risente particolarmente.

Per colorare e aromatizzare i macarons (non azzardatevi a prendere i coloranti chimici!):
giallo: buccia di limone grattugiata e un pizzico di curcuma
rosa: qualche goccia di succo di barbabietola
beige: 20 gr di caffè solubile e/o 25 gr di nocciole tritate al posto di 25 gr di mandorle o un po' di cannella
marrone: 20 gr di cacao amaro
verde: un cucchiaino di tè matcha
bianco (va beh, diciamo più bianco): un cucchiaio di cocco secco
Altri colori sono sotto studio. Tradotto: devo ancora provarli. Vi farò sapere. 
Oppure fatemi sapere voi se pensate di esser più bravi!

Esempi di farcitura che ho provato: 
-Ganache al cioccolato e mandarino (o arancia):
sciogliete a bagnomaria 200 gr di cioccolato fondente spezzettato (io lo lascio a cubetti, ci vuole più tempo per farlo fondere ma mi rifiuto categoricamente di grattugiarlo) con 80 ml di panna e 100 ml di succo di mandarino. Mescolate con vigore e fate raffreddare.
-Ganache al cioccolato bianco, che sta bene con tutto, specialmente col limone:
portate a bollore 100 ml di panna e versatela su 200 gr di cioccolato bianco spezzettato.
Mescolate delicatamente e fate raffreddare.
-Crema di nocciole da comprarsi già pronta
-Marmellate di tutti generi

mercoledì 28 novembre 2012

Biscotti di quinoa e riso


Ingredienti per circa 8 biscottoni:

125 grammi di farina di quinoa
125 grammi di farina di riso integrale
125 grammi di burro di centrifuga
1/2 cucchiaino di sale fine integrale
130 grammi di zucchero grezzo chiaro
1 uovo

Mi sono fatta fregare per la seconda volta.

Ho ri-adottato il lievito madre. 
La prima volta me ne stancai dopo il primo utilizzo e lo diedi in affidamento a mio padre che lo accudì amorosamente per un anno finchè poi non si dimenticó di archiviarne la metà e lo ficcó per intero in una pagnotta. 
E da lì mi resi conto che forse non era ancora il caso fare figli. 
E nemmeno di prendere un cane.
Recentemente poi, vuoi la consapevolezza alimentare in via di acquisizione, vuoi un attimo di debolezza, l'ho accolto nuovamente in casa.
E pertanto ora ho un nuovo convivente che chiamero per comodità Gianantoniomariaconcetta. 
In lizza c'erano pure Brunantonio e Antonfortunato ma alla fine ho optato per il più semplice.
A dir la verità mi piaceva anche il suono onomatopeico di Ugo, ma già il mio pollo-avatar si chiama così e non volevo si ingelosisse.
E poi in ogni caso sarebbe stato un casino chiamarli con lo stesso nome perchè ogni volta sarebbero arrivati entrambi.

E quindi niente, mentre meditavo sul come usarlo si è presentata la Sonia col suo babà e la Robi con il suo contest.
Quindi, quale migliore occasione per presentare Brunantoniomariaconcetta al mondo?
Ecco, non questa. Dato che il primo tentativo di fare il babà consapevole è fallito miseramente.
Quindi alla fine ho virato su una ricetta più alla mia portata.

Ma torniamo un attimo indietro. Chi è la Sonia e cosa chiedeva il contest della Robi? Risponderò in ordine casuale sparso.
La Robi chiedeva di scegliere una food friend e di reinterpretare una sua ricetta. 
E quando ho letto le condizioni la prima cosa che ho pensato è stata: cacchio chissà quante foodblogger si incazzeranno per non esser state scelte da quelle che credevano fossero le loro migliori food-amiche e chissà quante food-amicizie si romperanno con questo contest.
E la seconda è stata: oddio, e io mo' chi scelgo??!
E così, per non fare un torto a nessuno, ho innalzato i miei pensieri a livelli superiori e ho puntato in alto scegliendo tra le foodblogger con la M maiuscola. 
Di quelle che non sanno manco che esisto, per intenderci.

E quindi alla fine ho scelto lei, la Izn o Sonia chedirsivoglia de Il Pasto Nudo.
Colei che seguo da quando esisteva il commodore 64 e dalla quale ho imparato e continuo ad imparare tantissimo.

E Sonia, volevo solo dirti che... 
Volevo tu sapessi cheeee
cheee non sono come vuoooi 
e non lo sarò maaaai 
ma credimi di averti a modo mio non finiiiroooò 
e a costo di bugiee e di cose poco miee
m'inventerò qualcosa che saprà portarmi a teeeeeeeeeeee.

Tipo scopiazzare i tuoi biscotti di quinoa e dichiarare al mondo il mio amore incondizionato per il tuo blog.

Per fare questi buonisssssimi biscotti peraltro senza glutine (per equilibrarci dopo aver preparato il seitan e per dar da mangiare ai poveri intolleranti rimasti digiuni) dovete mescolare il burro morbido con le uova e con lo zucchero (che io ho frullato per avere una frolla più fine), aggiungere la farina di quinoa precedentemente tostata in padella per qualche minuto, la farina di riso e un pizzico di sale.
Ecco, trattandosi di due farine senza glutine la frolla rimarrà croccante anche dopo varie manipolazioni quindi dateci dentro tranquillamente.
L'impasto che otterrete sarà un po' molliccio, quindi rovesciatelo sulla pellicola senza pvc, chiudetecelo dentro e schiacciatelo per bene all'altezza di mezzo centimetro in modo sia già pronto da tagliare senza ulteriori lavorazioni.
Fatelo riposare in frigo per una mezz'oretta, tiratelo fuori, fate le formine e cuocetele nel forno caldo a 180° per circa 10 minuti fino a doratura dei bordi.
Fate raffreddare i biscotti e se li volete ancora più croccanti rinfilateli in forno per ulteriori 5 minuti.

E sì, so che vi state chiedendo da ore che cosa mizziga ci sia scritto su quei cuori dato che pare vi ci siano stampati dei codici captcha, ma invece no, c'è scritto Food Friend, presbiti!

PS sì, i cuoricini di zucchero li ho fatti io!

Con questo post ovviamente partecipo al contest Foodfriends della Roberta de Il senso gusto.





Ne approfitterei inoltre per ringraziare, con sommo ritardo, la gentilissima Chiara del bellissimo blog La cucina dello stivale che mi ha donato tipo ehm cough! cough!! un mese cough! fa cough! il premio quale blog 100% affidabile.

Anche se mi chiedo come mai mi consideri un blog senza un grande pubblico quando invece in realtà tocco i 15.000.000.000 di visitatori al giorno.....

Il premio chiede di spiegare il motivo per il quale ho aperto il blog.
Ebbene, io l'ho aperto per partecipare ai contest e perchè volevo ricevere un sacco di regali. E questo post ne è l'ennesima prova.
Inoltre chiede di segnalare a mia volta cinque blog che ritengo affidabili e meritevoli di menzione, o minzione, se fanno pisciare dal ridere.
Io in realtà ne avrei mooolti di più a cui fare pubblicità, ma mi sono limitata a selezionare solamente quelli che ritengo impazienti di ricevere questo premio dato che li conosco come particolarmente amanti delle catene di sant'Antonio.
Eccoli:

Ciboforme
Lattefiele
Asinochileggeancora
Ladridiricette
Ilsensogusto

Prendetene tutti e andate in pace.




mercoledì 31 ottobre 2012

Cheesecake spaventosa



Ingredienti per circa 30 amaretti:
125 gr di mandorle dolci spellate
50 gr di mandorle amare spellate (dato che non è semplicissimo trovarle, ricordatevi la prossima estate di tenere via i noccioli delle albicocche)
225 gr di zucchero semolato
2 albumi

Ingredienti per circa 25/30 savoiardi:
4 uova
180 gr di zucchero canna chiaro
60 gr di fecola
40 gr di farina

Ingredienti per una decina di pan dei morti:
65 gr di amaretti
65 gr di savoiardi
60 gr di farina
60 gr di zucchero di canna
1 uovo (io ho usato due tuorli perchè gli albumi li ho riciclati per la meringa)
60 gr di uvetta
30 gr di pinoli
3 cucchiai di cacao amaro
1 cucchiaino di lievito chimico
1 cucchiaino di spezie miste (solito cannella, chiodi di garofano, noce moscata, zenzero, anice)
mezzo bicchiere circa di vino bianco dolce tipo passito
zucchero a velo per decorare

Ingredienti per la cheesecake:
E qui vi tocca andare un po' ad occhio e a gusto. 
Io ho fatto solo quella della foto da circa 9 cm di diametro e ho usato qualche cucchiaio di ricotta, un paio di cucchiai di polpa di zucca bollita, un po' di zucchero di canna e mezzo cucchiaino di agar agar bollito 5 minuti in un goccio di latte.
Tendenzialmente per una torta da 18 cm dovrete usare 750 gr di ricotta e un cucchiaino abbondante di agar agar.

Ingredienti per la ganache:
cioccolato fondente (io circa 40 gr)
stesso peso di panna

Ingredienti per i fantasmini (ne verranno circa mmmille):
albumi
il doppio del loro peso di zucchero
un cucchiaino di succo di limone
1 cubetto di cioccolato fondente 

Uccidetemi. Sono già stanca.

Allora, a me di Halloween non è che proprio me ne freghi granché, però mi piace la zucca.
E anche fare robe spaventose, che a volte mi vengono tali senza manco farlo apposta.
E poi mi piace tanto il pan dei morti, che si fa qui in zona da me per il 2 novembre. 
E meno male che domani è il giorno dei Santi sennò tra stasera e dopodomani sarebbe stato veramente un mortorio.
Ecco, questa volta non mi dilungherò sulla parte introduttiva perchè già il resto finirete di leggero tra due giorni, dato che mi son voluta far del male e ho preparato tutto da zero partendo dalle semplici materie prime.
Va beh, a parte la ricotta e il cioccolato che la mucca e le fave proprio non le ho trovate. 
Ah, e nemmeno la canna da zucchero. 
Beh a dir la verità nemmeno il grano.
Vabbè ok, era solo per dire.
E quindi insomma, ho fatto la cheesecake più lunga della mia vita partendo da una base di pan dei morti fatta da amaretti e savoiardi, con sopra ricotta e zucca e sopra cioccolato e sopra delle meringhe.
Poi mi son fermata perchè avevo paura crollasse.
L'idea dei fantasmini mi è venuta da qui, ma guai a chi si azzarda a fare dei paragoni.
La tizia tra l'altro usa un frosting di burro e marshmallow, ma dato che va contro la mia religione, ho optato per delle semplici meringhe.

La ricetta degli amaretti e dei savoiardi arriva invece dall'Ada Boni. Purtroppo non c'è il peso delle uova quindi nei savoiardi dovrete aggiungere eventualmente un paio di cucchiai di farina se l'impasto dovesse esser troppo molle. Regolatevi.
Vi ho risparmiato le foto perchè tanto a me serviva solo della roba da sbriciolare quindi non è che sono andata tanto per il sottile. Anche se di sicuro sarebbero stata a tema con la questione spaventosa. 
E se vi state chiedendo come mai ho voluto farmi così tanto del male, è solamente perchè preferisco sapere cosa c'è esattamente dentro quello che mangio. E anche perchè sono un po' masochista.
Ovviamente con queste dosi avrete esuberi di amaretti e savoiardi, ma almeno avrete qualcosa da dar da mangiare a quelli a cui faranno cagare i pan dei morti. O la cheesecake alla zucca. E lo dico per esperienza.

Allora, per gli amaretti spellate le mandorle buttandole un paio di minuti in acqua bollente, se non l'avete già fatto. E se non l'avete ancora fatto, perchè?? Non è che sto lì a scrivere gli ingredienti giusto per muovere la tastiera eh?!
Fatele asciugare ben bene e se necessario passatele in forno senza farle colorire, poi frullatele con 125 gr di zucchero. Non state lì ad impazzire a farle finissime, che non sono mica dei macaron e tanto se rimane qualche pezzettino è pure buono.
Montate poi gli albumi con i 100 grammi di zucchero rimanenti fino ad ottenere una meringa soda, mischiate delicatamente il tutto, fate delle palline con la sac a poche su una teglia coperta con carta da forno e lasciatele seccare all'aria per qualche ora (io 4).
Cuocete a 180° per circa 10 minuti fino a leggero colorimento.

Per i savoiardi sbattete a lungo i tuorli con zucchero fino ad ottenere un composto spumoso.
Aggiungete la fecola e la farina e poi delicatamente gli albumi montati a neve.
Versate tutto in una teglia coperta con carta da forno oppure con la sac a poche fate le classiche formine lunghe circa 10 cm.
Cuocete a 180° per circa 10/15 minuti fino a doratura.

Per il pan dei morti sbriciolate amaretti e savoiardi con le dita, aggiungete il resto degli ingredienti fino ad ottenere un impasto lavorabile con le mani.
Stendete l'impasto nello stampo a cerniera che poi userete per la cheesecake oppure con le mani umide  formate dei biscottoni  di circa 10x5 cm e alti circa 1 cm e adagiateli in una teglia.
Cuoceteli a 180° per 10/15 minuti (dovranno rimanere umidi all'interno).

Per la cheesecake cuocete la zucca tagliata a cubotti in una pentola con due dita d'acqua.
Mescolate la ricotta con un po' di zucca cotta e spappolata e un po' di zucchero.
Bollite l'agar agar per 5 minuti in tre cucchiai di latte e aggiungetelo al resto.
Mischiate, versate nello stampo dove ci sarà già sotto la base di biscotto e fate raffreddare in frigorifero per qualche ora.

Per la ganache portate a bollore la panna, togliete dal fuoco e versateci il cioccolato spezzetato fine.
Mescolate delicatamente, portate a temperatura ambiente e versate la copertura sulla cheesecake fredda di frigo.

Per le meringhe, che palle, potete cercarvela la spiegazione? No perchè qui si sta facendo lunga.
Io ho seguito quella di Bressanini. Brevemente: iniziate a montare gli albumi con il limone. Quando saranno quadruplicati di volume iniziate ad aggiungere lo zucchero poco alla volta.
Montate fino a quando avrete ottenuto una meringa sodissima.
Mettetela poi in una sac a poche con una bocchetta larga circa 2 cm (io uso solo la base senza montarci la bocchetta vera e propria) e fate degli stronzini alti 3/4 cm.
Cuocete in forno ventilato a massimo 90° per circa 2 ore.
Fate raffreddare e aggiungetegli gli occhietti e la bocca utilizzando uno stuzzicadente pucciato in un cubetto di cioccolato sciolto.

domenica 28 ottobre 2012

Il pane dolce alla crema speziata di noci


Ingredienti:
250 gr di farina 0
250 gr di farina di farro integrale
2 uova medie
100 gr di zucchero di canna
1 cucchiaino di lievito di birra secco
125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 gr di sale
semi di lino, girasole e zucca
un tuorlo per spennellare 
 
Per il ripieno:
100 gr di noci sgusciate
3 cucchiai di miele d'acacia
un cucchiaino di spezie miste in polvere (cannella, zenzero, anice stellato, chiodi di garofano, noce moscata, cumino

Quando ho visto la ricetta di questo mese dell'MTC prima ho esultato per il fatto fosse un lievitato dolce, poi ho iniziato a sudare freddo pensando si trattasse di qualcosa di serio e anche un po' sacro e che avrei dovuto autocensurarmi nello scrivere il post perchè questa volta non sarebbe stato il caso di fare la cazzona come al solito.
Merda ho detto cazzona. Oddio ho detto merda. Oddio ho detto Oddio.
Ecco. Lo sapevo che non avrei dovuto essere blasfema. 
E che per questo sarei stata punita.
Infatti ho dovuto rifare questo pane tre volte per ottonere un risultato decente.
La prima volta è rimasto appiccicoso e non ha lievitato a dovere.
La seconda non è lievitato comunque e in più mi è rimasto crudo in mezzo.
La terza è andata un po' meglio. 
Ma ho rischiato di perdere denti e frullatore dato che mi sono rimasti in mezzo accidentalmente dei gusci di noci.
Chissà cosa mi sarebbe capitato se ci avessi provato una quarta.
E sono comuque riuscita ad ottenere solo una treccia dato che l'impasto era talmente piccolo ed elastico da riuscire malapena a farci tre pezzi.
E già che ci siamo, questa mi pare anche l'occasione giusta per confessare che le prime due volte ho usato dell'olio di semi di girasole al posto dell'extravergine, avendo in casa solo dell'olio d'oliva molto forte, e che per qualche momento mi anche è passata per l'anticamera del cervello l'idea di non dirlo, che tanto dalle foto non è che si sarebbe capito, ma il pessimo risultato ottenuto è stata solo l'ennesima riprova che da lassù qualcuno mi osserva. 

Come ricetta ho eseguito alla lettera quella di Eleonora, che è spiegata benissimo nel suo post, sostituendo solo metà della farina 0 con farina integrale di farro e lo zucchero bianco con quello di canna.
Per il ripieno invece ho preso 100 gr di noci sgusciate e le ho frullate con un paio di cucchiai d'acqua fino ad ottenere una crema omogena.
Ho ridotto in polvere un anice stellato, un cucchiaino di chiodi di garofano, un cucchiaino di cannella, mezzo cucchiaino di cumino, mezzo cucchiaino di zenzero in polvere, mezzo cucchiaino di noce moscata.
Ho aggiunto un cucchiaino abbondante di queste spezie alle noci e ho messo via il resto che non è che potevo frullare solo 5 grammi di roba.
Ho aggiunto tre cucchiai di miele d'acacia e con questo composto ho farcito i salami da arrotolare per fare la treccia.
Ho spennellato poi con del latte (muahahah non è vero era un tuorlo, l'ho detto solo per vedere se i giudici erano attenti) e ho cosparso con un mix di semi di lino, girasole e zucca.
Ho cotto come da istruzioni. 

Con questa ricetta partecipo all'MTC di ottobre.







lunedì 22 ottobre 2012

La torta umido


Ingredienti per una teglia da 26x20 cm:

200 gr di farina 00
100 gr di farina integrale
240 gr di yogurt bianco
240 gr d'olio di semi di girasole
180 gr di zucchero di canna
3 uova
80 gr di cereali soffiati a scelta (io quinoa, grano saraceno e avena)
100 gr di cioccolato fondente
3 pere
mezza bustina di lievito

No, non è un refuso di stampa.
Il nome è proprio questo, dato che questa torta è nata davvero da una serie di elementi salvati in extremis dal bidone dell'umido.
Perchè, come ben si sa, le cose più belle nascono sempre per caso.
Ma quelle più buone non lo so.
Tutto è iniziato quando tempo fa vidi la notizia sulle lampadine ad incandescenza, che da quest'anno sono fuori legge.
E il mio pensiero è andato subito a tutti quei poveri bambini che da ora non potranno più usare il dolce forno.
Che disgrazia.
Proprio adesso che avevo intenzione di tirar fuori il mio dalla cantina.
Che poi, già ai tempi con tutti i pezzi di ricambio in ordine c'aveva i suoi problemi, perchè cuocere una torta con due lampadine da 100 watt non è mica semplice. Figuriamoci poi con una a basso consumo.
E infatti spesso si finiva per aspettare enne ore o per mangiare delle crostatine crude.
Quando riuscivi a tirarle fuori. 
Perchè se per caso non si trattava di una crostatina ma di una tortina che gonfiava leggermente eri fottuto, dato che sia l'ingresso che l'uscita del forno erano alti tipo un centimetro.
Senza poi contare il fatto che per piazzare la teglia in posizione di cottura gli si dovevano infilare dietro le altre due delle tre in dotazione, per farla scivolare in avanti.
Solo che facendo tortine in serie, tutte le tegliette erano piene e ustionanti e infila che ti rinfila, si finiva come col gioco delle sedie. 
Quindi poi per togliere l'ultima sfigata che stava per bruciare, ci si doveva armare di spingitori alternativi tipo posate e coltelli e mestoli che immancabilmente si incastravano dentro.
Insomma un casino.
In effetti ora che ci penso forse è il caso di lasciarlo dov'è, quel dolce forno del cazzo.
Con quella dannata bambina sulla copertina del manuale, che a quattro anni decorava tortine con la siringa per dolci che manco Buddy Valastro.
Tornando a noi, seguendo il filo non logico dei miei pensieri, dal dolce forno alla torta di mars il passo è stato breve.
Perchè ve la ricordate, vero, la torta di mars e riso soffiato, trendissima negli anni '90?
Che tra l'altro credo sia stata pure una delle prime cose che io abbia cucinato.
Cucinato...in realtà bastava sciogliere pacchi e pacchi di Mars e mischiarci dei Rice Krispies.
Che porcheria.
Quindi insomma, alla fine del giro mi era venuta voglia di rifarla. Ma ovviamente non potevo affidarmi a quelle robacce industriali, quindi sono partita da zero.
Ho fatto la mou, ho sciolto il cioccolato, ci ho mischiato dei buoni cereali misti soffiati, ho spalmato nella teglia, ho fatto raffreddare ed ho assaggiato.
'Na merda. Durissima.
Ma ormai cosa potevo farne, se non riscioglierla completamente e riciclarla? 
Così ci ho aggiunto pure un po' di robe che stavano andando a male, giusto per non rischiare troppo. Tipo yogurt in scadenza, cereali aperti da tempo indefinito, pere volgenti al marrone...
E vi dirò, il risultato è stato superiore alle aspettative. Chi l'avrebbe mai detto.
E quindi ora ve lo ripropongo, in versione definitiva.

Mischiate lo zucchero, le uova, l'olio, lo yogurt con i cereali e lasciate riposare l'impasto una mezz'oretta (ma anche un'ora o due in frigorifero) in modo che questi ultimi si gonfino.
Aggiungete il cioccolato sciolto a bagnomaria, le pere tagliate a pezzettini, la farina e il lievito, versate in una teglia e cuocete in forno caldo a 180° per circa 30/40 minuti (facendo come sempre la prova stecchino).

lunedì 17 settembre 2012

Tenerina o...?!


Torta Tenerina

Ingredienti per una torta da 22/24 cm (a seconda di quanto la volete bassa o alta che poi è lo stesso):
200 gr di cioccolato fondente
100 gr burro
100 gr di zucchero
3 uova


La prima volta l'ho assaggiata sotto forma di tortino dal cuore morbido, che tempo fa andava un sacco di moda. 
Comodo e pratico. Lo prepari in monoporzioni, lo surgeli, quando vuoi lo ficchi in forno e lo cuoci per pochi minuti in modo da lasciare il cuore crudo. Morbido ma non cotto. Questo è il senso. 
Che non è mica che lo apri in due e cola per intervento divino.
Poi mi è passata davanti sotto forma di brownies. Un filo più asciutta, quadrata e con un po' di frutta secca.
Poi l'ho vista circolare in rete sotto il nome di Hermè. Che ci aggiunge un etto di burro e stringe lo stampo. 
Poi è transitata sotto il nome di Santin, che le ha solo cambiato il vezzeggiativo e l'ha chiamata Tenerella.
E infine l'ho assaggiata a casa di una Ferrarese ed ho scoperto finalmente chi era in realtà: la torta Tenerina.
Che ha proprio mille volti come il diavolo. Manca solo l'acqua santa.
Che volendo però qualche goccia ce la potete pure aggiungere.
E per provarvi che la Tenerina è davvero l'antenata di tutte le torte al cioccolato umidicce e poco cotte, ho provato a datare le singole ricette per risalire così alla più antica:
Tortino al cioccolato: Cameo cuor di Ciobar - 2005
Brownies: 1492
Hermè: 1961
Santin: 1966
Ferrara: primo insediamento fra il VII e l'VIII secolo
Tiè. A volte una data vale più di mille parole.

La mia versione, che avrei voluto chiamare Teneruccia (ma vi ho risparmiato la flessione), nasce da una lunga comparazione di ricette con più o meno burro, più o meno zucchero, più o meno farina, più o meno uova, più o meno latte, più o meno cotta, più o meno alta, più o meno stretta. 
Alla fine io ho scelto quella con meno tutto. Ovvero meno farina (anzi zero), meno uova, meno zucchero, meno burro (che oh, anche solo 100 grammi incidono sensibilmente sul mio didietro).
E il risultato è veramente veramente buono. Ancor più buono se lasciate riposare la torta per qualche ora al fresco e la spolverate di cacao amaro prima di servirla.
Il procedimento poi è davvero a prova di scemo. Solita massima resa per minimo sforzo.

Montate i tuorli con lo zucchero, fondete a bagnomaria il cioccolato insieme al burro, fatelo intiepidire ed aggiungetelo ai tuorli, montate gli albumi a neve ed aggiungeteli delicatamente al composto, versate l'impasto in una teglia rivestita con carta da forno e cuocete a 180° per 10/15 minuti.