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mercoledì 4 febbraio 2015

Insalata veloce




Dov'eravamo rimasti? Al fatto la gravidanza sembrava tutto solecuoreamore e invece era un calesse?
Ecco. Allora quello che viene dopo è decisamente tir.
Non staró ad approfondire l'argomento parto perchè tanto a chi non ha figli non frega niente di sentire l'ennesimo racconto e a chi li ha avuti in fondo pure.
Peró magari c'è qualche uomo interessato quindi...
In breve, memore del corso, di Er e di Real Time mi sono presentata al pronto soccorso quando le contrazioni erano regolari di 2 min per 5 fratto 6 al quadrato pensando ormai fosse ora.
Ma invece no. Avevo davanti ancora 24 ore in sala parto. Ma senza le telecamere.
Alla fine delle quali, per non farmi mancare nulla e perché a me piace sperimentare tutto, è finalmente arrivato Dio vestito da anestesista e mi hanno aperto come un cappone a Natale.
E insomma alla fine ho capito perchè si chiama parto.
Perchè finito tutto l'unica cosa che pensi è si ciao ok è stato bello ma ora arrivederci e grazie.
Ma tutto il gioco è valso la candela (mh) per quei tre secondi tra un rammendo e l'altro in cui son riuscita a vedere il toporagno e a pensare: "oh, meno male che non è un cesso".
E così eccoci qui.
E che dire, siamo sopravvissuti quasi indenni ai primi due mesi il che è un gran traguardo.
E oggi poi sono pure qui che riesco a scrivere al pc quindi wow, scoppiamo i mortaretti.

Ma parliamo del rientro.
Hanno ragione quelli che dicono di preparare tutto per tempo in modo da riuscire a prendere prima confidenza con la casa e gli spazi.
Io invece che mi ritengo impavida sono tornata con la bestiola dall'ospedale con la casa ancora in ristrutturazione e infatti avrei voluto stendermi sulle strisce.
E sì che mi son impegnata a vederla come un'avventura. E ce l'ho fatta eh, mica no. Ma di quelle in cui sei nella giungla e hai dimenticato il kit di sopravvivenza a casa.

E poi inizia il loop pappacaccananna.
Che a volte preferirei non addormentarmi mai per evitare l'ennesimo giorno uguale.
E poi arrivano le ansie.
E il carico di responsabilità che a rifletterci bene pesa come un macigno.
Perchè nei momenti di lucidità mi rendo conto che non devo solo occuparmi di un essere vivente. Ma di una piccola persona. E la mia responsabilità non è solo di farlo crescere, ma di formare un uomo del domani.
E dire che le uniche forme di vita di cui mi sono occupata finora sono un passerotto che per tenerlo al caldo ho messo nella yogurtiera che scalda a 40 gradi e una serie di piante che immancabilmente mi mummificano sul balcone...

Oh, in effetti a pensarci bene se davvero il mondo di domani dipende anche da me siamo veramente nella merda.


Insalata veloce

Aprite la busta, sciacquate l'insalata sotto l'acqua e disponetela nel piatto.
Condite a piacere.

domenica 22 dicembre 2013

Green Restaurant - Starhotels Echo


Chissà perché c'è in giro l'idea che i ristoranti degli hotel non siano granché. 
Io stessa li ho sempre percepiti come appendici degli alberghi e non come luoghi di ristoro a sé stanti e di conseguenza ho sempre pensato che sarei andata a mangiarci solo se avessi dormito lì e se non avessi avuto modo di uscire perché magari fuori imperversava una tormenta di neve o l'alluvione o una grandinata o mi avessero cancellato il volo di ritorno per impossibilità di rifornire l'aereo causa attacco di fulmini.
E giuro che questa mi è successa per davvero.

E invece recentemente mi son dovuta ricredere e riflettendoci mi son resa conto di avere ancora dei pregiudizi arrivati da chissà dove e idee ferme a vent'anni fa.
Ma in effetti ho sempre saputo di esser vecchia dentro.

Tutto è cambiato quando qualche tempo fa mi ha contattato la FedeGroup chiedendomi se mi andava di provare il Green Restaurant presso lo Starhotel Echo di Milano per poi magari, se ne avessi avuta voglia, raccontare la mia esperienza.

Mh. 
Un invito a cena in cambio della mia facoltativa libera opinione. 
Mh.
La prima cosa che ho pensato è che sicuramente sotto si nascondeva 'na sola.

Quindi, dopo essermi fatta rassicurare sul fatto avrei potuto essere totalmente sincera e avrei potuto anche dire di essere stata invitata e di non essere capitata lì per caso - perchè si sa che le recensioni più fastidiose sono quelle che parlano benissimo in modo apparentemente casuale di un posto merdoso o di un prodotto scadente e poi invece salta fuori che di casuale non c'è proprio una beata mazza - ho accettato.

E il mio azzardo è stato ripagato.

Il Green Restaurant si trova in posizione tattica vicino alla stazione Milano Centrale e nonostante le zone delle stazioni solitamente siano viste con sospetto, devo ammettere che quella parte è estremamente tranquilla oltre che estremamente comoda per il centro.
E se di sera mi son sentita tranquilla io che mi cago sotto anche solo a mettere l'auto in box potete star tranquilli tutti.....

L'ingresso al ristorante non dà la percezione di entrare in un hotel ma in un locale qualsiasi.
C'è una bella hall con gigantografie verdeggianti, poltroncine e divanetti e luce soffusa.
Il ristorante è accogliente, tavoli giustamente equidistanti, luci basse ma non troppo e personale gentile. Anche con gli altri clienti. Ho controllato.
Il menù non è lunghissimo, cosa che ho estremamente apprezzato dato che tendo a diffidare dalle liste di 85 pagine con 1240 proposte, ma riesce comunque a soddisfare praticamente tutti i gusti.
Mi ha fatto piacere trovare alcune proposte di tradizione Milanese come i mondeghili, oltre al classico risotto giallo e alla cotoletta che qui viene fatta a orecchio d'elefante, alcuni piatti di stagione e alcuni piatti con prodotti del territorio come il riso della Lomellina.

Ammetto che mi sarebbe piaciuto trovarne di più e spero davvero in futuro scelgano di orientarsi quasi esclusivamente verso questa strada.

Ma questo è davvero l'unico appunto che ho, oltre ovviamente al fatto di applicare la stessa regola  anche alla carta dei vini, perché il resto è stato veramente impeccabile.





Una chicca: davanti all'ingresso del ristorante si trovano i resti della Cascina Pozzobenelli.
Di quella che era una vasta villa costruita (anche) dal Bramante nella seconda metà del XV secolo ormai rimane solo la cappella, rimasta sola soletta in un cortile triangolare in mezzo a palazzoni altissimi. Chiusa e dimenticata. Abbandonata. Come troppo spesso succede.
Ma nonostante l'ambientazione sia un po' triste, questo gioiello merita comunque un'occhiata.


Ed ora una carrellata di foto di alcuni piatti provati per farvi venire un po' di acquolina.

Petto d'anatra speziato con sformatino al parmigiano e riduzione di balsamico
Prosciutto di Parma riserva
Il Carnaroli della Lomellina con porcini e prosciutto d'oca
Costoletta di vitello alla Milanese
Tiramisù

Green Restaurant c/o Starhotels Echo
Viale Andrea Doria, 4 - Milano
Tel: 342.3198.578

martedì 22 ottobre 2013

Med Diet Camp Cagliari



Come già tutti vi sarete accorti dalle mie millemila foto su Instagram e Facebook, l'ultimo fine settimana di settembre sono stata al Med Diet di Cagliari*.
Il mio primo evento in veste ufficiale di food blogger.
E non è che postassi istericamente perché volessi menarmela (ma forse un po' anche sì), è solo che l'emozione della prima volta porta ad essere un po' idioti. E così si esce di casa sani (ah. ah.) e si finisce col taggarsi al check in dell'aeroporto come le peggio bimbeminkia.
Ma per fortuna (vostra) la 3 prende meno di un cieco al tiro al piattello e così ho smesso subito.

Di questo week end mi ricordo principalmente tre cose: l'umidità al 99%, la compagnia e la dieta. 
Voi non potete immaginare il caldo che faceva (giuro, in inverno non faccio così schifo), come non potete immaginare (o forse sì?) cosa voglia dire andare in giro con delle food blogger. 
Del tipo che si esce insieme dall'hotel con l'intento di vedere un po' il centro città. Ci si ferma al negozio di fronte che vende biscotti artigianali. Poi si esce. Ci si ferma al negozio dopo che vende specialità sarde. Si fa una lunga sosta per assaggiare salumi, formaggi e vino. Poi si esce. E ci si siede per un aperitivo. Totale metri percorsi: 50. Totale chili di roba acquistati: 5. Totale roba assaggiata: dati non disponibili.
E poi le chiacchiere. 50 donne insieme, per di più con interessi comuni, sono il delirio totale. 
Per i primi momenti, ma pure ore, gira quasi la testa. Saluti una poi saluti l'altra poi inizi un discorso ma non riesci a finirlo poi ti giri poi ti chiamano poi torni sul discorso di prima poi vorresti parlare con tutte ma non ce la fai. Insomma un casino. Un gran bel casino. Ma poi finisce che nel mucchio trovi anche la tua dimensione e finisci con l'incontrare delle persone veramente valide (leggasi veramente-idiote-quanto-te). E così, tra qualche bicchiere di prosecco e tocchi di pecorino, ti ritrovi a pensare che forse in fondo essere una food blogger non è poi tanto male.
PS per le tre che hanno la coda di paglia e che si son sentite tirate in causa sì, parlo proprio di voi.

E poi c'è la dieta mediterranea. Ultima ma non ultima. Il motivo per il quale tutte eravamo lì.
Voi tutti sapete bene quanto io tra le minchiate che scrivo cerchi sempre di trasmettere una sorta di educazione alimentare in cui credo fermamente. E sì lo so che forse dovrei impegnarmi di più, ma non vorrei rischiare di diventare troppo seria.
Ormai  lo si sente in ogni dove: noi siamo quello che mangiamo.
Cosa da evitare di pensare mentre si addenta un porceddu.

Tutti ormai sappiamo benissimo l'impatto che la nostra alimentazione ha sulla nostra salute. Tutti ormai sappiamo (o forse no?) che se mangiamo sano stiamo anche meglio.
Ma cosa significa mangiar sano? Non ve lo ricordate? Bene, facciamo un ripasso:
tanta frutta e verdura fresca, non trattata, di stagione e possibilmente locale, meglio cruda e quando cotta cotta il meno possibile per mantenere tutti i principi nutrizionali. Cereali di tutti i tipi da alternare possibilmente tutti i giorni, spesso integrali, ovviamente non trattati manco questi. Meno sale e più erbe aromatiche. Parecchi legumi. Poche uova, latticini e carne, più spesso le bianche e raramente le rosse, ovviamente meglio se da allevamenti estensivi. Pesce, ma non quello allevato, tranne i molluschi, né quello a rischio estinzione. Pochi grassi animali. Olio extravergine d'oliva, italiano, possibilmente a crudo. Pochi zuccheri. Un bicchiere di vino ogni tanto. Niente cose confezionate. Niente cose industriali. Niente additivi. Poche cose che hanno un packaging e quando c'è che sia ecologico. Frutta esotica e alimenti importati dal terzo mondo solo se fair trade.
(PS per chiarimenti singoli e motivazioni specifiche chiedete pure a google che io non sono mica un'enciclopedia).

Okok ci ho aggiunto qualcosa di mio ma il senso è chiaro.
E se le togliete, il resto è quella che viene chiamata Dieta Mediterranea.
Che è una delle poche diete che non si fa per dimagrire ma per star meglio e vivere fino a 200 anni (cheppalle ma speriamo pure di no....).

E quindi, infine, grazie a Patty che mi ha coinvolta in questo bellissimo evento. Grazie all'Associazione nazionale Città dell'Olio che si è resa artefice di questa interessante e utile esperienza. Grazie agli Chef, ai relatori e a tutti gli organizzatori. 
E grazie ovviamente a tutte le altre 49 colleghe.

E ora....quand'è che è il prossimo evento??!!

E sì, lo so che le foto fan cagare.



*Il MedDiet Camp è il primo dei cinque grandi eventi pianificati da MedDiet, progetto strategico finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma ENPI CBC Bacino del Mediterraneo 2007-2013. Con un budget complessivo pari a circa 5 milioni di euro e una durata di 30 mesi, il progetto mira a promuovere e valorizzare la Dieta Mediterranea, riconosciuta Patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco nel 2010. Oltre all’Italia, che partecipa con Unioncamere in qualità di capofila, il Centro Servizi per le imprese della Camera di Commercio di Cagliari, il Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio e l’Associazione nazionale Città dell’Olio quali partners, il progetto coinvolge altri 5 Paesi del Mediterraneo (Egitto, Grecia, Libano, Spagna e Tunisia).






mercoledì 25 settembre 2013

Lettera a QUELLI DEL SABATO



Cari ragazzi,
ho pensato tanto a quello che avrei dovuto scrivere perché il timore di non riuscire ad esprimere a parole quello che ho vissuto era parecchio.

Domenica scorsa (un po' scorsa..) ho avuto la possibilità di incontrarvi e l'emozione e la commozione son state tante.
Anche se, se devo essere onesta, in realtà avevo iniziato già a commuovermi quando ho ricevuto il vostro invito, ho studiato il vostro sito, ho letto la vostra storia e ho visto le vostre foto.

E ok che di solito io sono quella-che-non-fa-testo-perché-piange-pure-con-la-pubblicità (e non solo quando fa pena), ma l'aver potuto infilare la testa un momento, come si fa nei migliori acquari, in quello che è un mondo bello, è stato davvero toccante e non ha fatto altro che alimentare la lacrimuccia.

(E sì, lo so cosa state pensando voi lettori. Che queste non sono frasi da me, che sono talmente sdolcinate da sembrare una presa per in fondelli e blablabla. E invece è tutto vero. Giuro. È che io a volte sembro una bbbestia. Ma in realtà ho un cuore di formaggio.)

Tornando a noialtri, ma più a voialtri, ci terrei a ringraziarvi pubblicamente.

Grazie per i per i vostri sforzi e per il vostro impegno.
Perché nonostante anche voi, come tutti noi, abbiate un lavoro da lavorare, una famiglia da curare, la spesa da fare, i pasti da preparare, i piatti da lavare, le camicie da stirare, le piante da innaffiare (e potrei anche andare avanti all'infinito ma anche no) a differenza nostra voi fate anche questo.

Grazie per farci da esempio.
Un po' meno per far sentire noi delle merde.

Grazie perché non vi fate spaventare dal diverso. E perché ci insegnate che non c'è nessun motivo per il quale il diverso dovrebbe far paura.

Grazie perché non fate finta che siamo tutti uguali.
Perché sapete riconoscere e valorizzare le differenze. E perché sapete anche scherzarci su.
Perché l'ironia, quando è fatta con l'altro e non sull'altro, è essa stessa accettazione e integrazione.

Grazie per farci riflettere sul fatto che in fondo ognuno di noi, a modo suo, ha dei limiti e delle anormalità. E che non è mica detto che solo perché se non si vedono dal di fuori non esistono.

Grazie perché considerate il prossimo sulla base di quello che sa fare e non sulla base di quello che non sa fare.

Grazie per non esservi arresi davanti alle difficoltà. E per aver creduto in quello che stavate facendo.

Grazie per avermi invitato.

Grazie per avermi intervistato.
E grazie per non avermi fatto vedere l'intervista.

Grazie per le vostre risate.
E anche per il vostro riso.

Grazie per l'ottimo aperitivo, l'ottimo pranzo e l'eccellente servizio.

Grazie per gli allestimenti e per le grafiche fantastiche.
Perché ho visto non solo qualcosa di buono e bello ma anche qualcosa di bellissimo.

Grazie per avermi fatto capire che in fondo a volte le persone che sembrano anormali sono più normali di quelle che tanto normali si credono.



E infine potrei concludere con:
ma soprattutto grazie di cuore per aver reso migliore il mondo in cui vivo.

Ma dato che non voglio far vomitare nessuno concluderò invece con il sempre trendy:
ma soprattutto Grazia, Graziella e grazie al..........



Tutte le info dell'associazione qui:
QUELLI DEL SABATO
Associazione di volontariato a favore di ragazzi diversamente abili

Mentre qui quelle del progetto:
FATTI UNA RISATA